DICIOTTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

1 Agosto 2021/ Anno B

Es 16,2-4.12-15; Sal 77; Ef 4,17.20-24; Gv 6,24-35

Che cerchiamo? 

È una domanda che attraversa tutto il Quarto Evangelo, dal capitolo primo, quando Gesù chiede ai due che lo seguono «Che cercate?» (cf. Gv 1,38) fino al capitolo ventesimo, quando il Risorto chiede a Maria di Magdala «Chi cerchi?» (cf. Gv 2015) … qui al capitolo sesto ugualmente si pone questo problema: «Voi mi cercate non perché avete contemplato i segni, ma perché avete mangiato quei pani e vi siete saziati!».

Dal “cosa” o “chi” si cerca al “perché” cercare Gesù. Una ricerca che qui è sviata da una motivazione gretta e cieca; una ricerca che è inficiata dalle incapacità a leggere il segno dei pani! Più avanti si vedrà che la folla non ha colto il segno, tanto che chiede a Gesù un’opera, un segno. Come se non avesse già ricevuto proprio un’attualizzazione del segno della manna!

Il problema è cercare per poi credere per poi andare a Lui! Cercare Gesù perché Lui è il termine della vera fede e Lui è il Pane della vita che compie l’antico segno della manna! In realtà la gente è ancora al livello della lamentazione sterile che chiede “miracoli” come il popolo nel deserto… la gente è ancora in uno stato di morte… cercano Gesù ma non per consegnarsi a Lui, ma per usarlo!

Se non si cerca Gesù per fidarsi pienamente di Lui non si può passare dalla morte alla vita.

In questo dialogo del Quarto Evangelo si vede come Gesù e la folla parlino su due livelli diversi: Gesù parla di un livello rivelativo, di rinnovo totale dell’uomo e del suo profondo, la folla resta ad un livello gretto, meschino, personalistico, in cui quello che conta è ricevere risposte ai bisogni materiali, concretissimi, banali;  Gesù vuole portare la folla al livello di una fede radicale che sia passaggio dalle opere da fare all’unica opera che conta e che riguarda l’essere: credere, fidarsi, aderire a Gesù Inviato di Dio; Gesù parla loro di un pane che discende dal cielo e che dà la vita al mondo, e le folle chiedono un pane materiale che risponda solo ai loro bisogni. Di fronte però a questa chiusura, di fronte a questa radicale incomprensione del suo discorso, Gesù non si ferma e pronunzia la sua auto-rivelazione: «Io sono il pane della vita, chi viene a me non avrà più fame, chi crede in me non avrà più sete» .

Il Quarto Evangelo vuole qui affermare con chiarezza che Gesù è la risposta alle nostre “fami” più profonde, più radicali. La nostra sete di senso e di vita è appagabile solo se si va da Gesù. Chi va a Lui non ha più fame… chi aderisce a Lui non ha più sete!

Bisogna però stare attenti a non fare di questo discorso un testo disincarnato e disincarnante… non è che Gesù disprezzi o mostri atteggiamento di sufficienza dinanzi alla fame degli affamati o alla sete degli assetati. Il discepolo di Cristo che trova risposta alla sua fame profonda e alla sua sete di senso in Gesù è colui che poi deve imparare a dare risposte di condivisione al grido degli affamati, dei sofferenti; come il ragazzetto del segno dei pani è chiamato a condividere il poco che ha, il poco che è perché, fecondato da Cristo, divenga risposta alla fame dei poveri. Ma se questo è vero, e bisognava dirlo, è pur vero che l’Evangelo di Giovanni è su altro registro; segue il registro rivelativo: qui c’è Gesù che, rivelando se stesso, rivela in Lui il compimento delle attese e delle promesse della Prima Alleanza. Qui Gesù narra Dio come Colui che è capace di dare un cibo che non perisce e che dona “vita eterna”!

Questa vita eterna, si badi, nel linguaggio giovanneo, non è la vita ultraterrena, quella del post mortem… la “vita eterna” è la vita di Dio vissuta nella carne degli uomini, vissuta qui nella storia degli uomini; la “vita eterna” è l’agire di Dio che diviene agire dell’uomo; la “vita eterna” è il pensiero di Dio che sostituisce il pensiero dell’uomo vecchio!

Cibarsi di Gesù immette nelle vene del credente la vita stessa di Dio, rende capaci di amare con il suo amore, di agire con le sue azioni, di parlare con le sue parole, addirittura di pensare con il pensiero di Dio!

Quando questo accade, la “vita eterna” è venuta nella storia, quando questo accade nella vita di un credente, lì splende la “vita eterna”! Senza tema di sbagliare possiamo dire che, nel linguaggio di Giovanni, “vita eterna” corrisponda a “Regno di Dio” negli Evangeli sinottici.

La “vita eterna”, allora è quella che racconta Dio alla storia e lo racconta nella vita concretissima e quotidiana del discepolo di Cristo. La “vita eterna” è ancora, con il linguaggio dell’autore della Lettera ai cristiani di Efeso, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura di questa domenica, quell’essere rivestiti di Cristo; “vita eterna” è quel mostrare Cristo in ogni gesto, parola, azione e pensiero: la “vita eterna” è dunque l’uomo nuovo creato secondo Dio!

Sedere alla mensa del Pane di vita è lasciar plasmare in noi, di Eucaristia in Eucaristia, questo uomo nuovo che splende di “vita eterna”, che splende della vita di Dio!

P. Fabrizio Cristarella Orestano

Safet Zec (1943-vivente): Il pane di vita (2019)
(Treviso, Chiesa Cattedrale)