TUTTI I SANTI

Anno A/ 1 Novembre 2020

Ap 7, 2-4.9-14; Sal 23; 1Gv 3, 1-13; Mt 5, 1-12

La solennità di oggi dilata la nostra speranza perché oggi è festa di grazia! I santi non sono gli eroi che sono riusciti in un’impresa impossibile ai più! Non sono le rare eccezioni di uomini particolarmente bravi e dotati … i santi non sono come i geni dell’umanità; infatti, se è vero che un Dante, un Michelangelo, un Verdi o un Mozart non nascono tutti i giorni è invece vero che i “santi” nascono tutti i giorni! E questo perché essi sono il frutto dell’infinita grazia misericordiosa di Dio nostro Padre che, in Gesù Cristo suo Figlio, ci ha fatti creature nuove, ci ha generati a figli, come scrive Giovanni nel testo bellissimo che oggi è la seconda lettura, ed inviandoci lo Spirito ci custodisce in questa figliolanza.

I santi nascono tutti i giorni e vivono in tutti i luoghi ed in ogni stato di vita … è un grande inganno pensare che la santità sia un territorio che possono conquistare in pochi; è un inganno perché la santità non è terreno di conquista ma luogo donato, è un inganno perché Gesù ha detto che nella casa del Padre suo ci sono molte dimore (cfr Gv 14,2); la visione dell’ Apocalisse che oggi abbiamo letto ci parla, inoltre, di una moltitudine immensa … E’ un inganno perché così la salvezza operata dalla Pasqua di Gesù avrebbe limiti èlitari …

La santità è più estesa di quanto lontanamente possiamo immaginare.

I santi sono quelli che accolgono Cristo ed il suo Evangelo e ne fanno la strada su cui camminare in sua compagnia: certo saranno uomini e donne controcorrente, come la pagina delle Beatitudini di Matteo ci dice; uomini e donne che sono il contrario di quanto il mondo pensa che sia la beatitudine. Per il mondo è beato chi fa delle cose, degli altri, di se stesso un “vaso” da cui attingere fino alla sazietà anche a discapito di tutto e di tutti; per il mondo è beato chi profitta del potere che ha (piccolo o grande che sia) per crearsi le sue sicurezze; è beato chi “si fa da sé”, come blaterano tanti ricchi o divenuti tali … per il mondo è beato chi “non ha bisogno di nessuno”…

L’Evangelo di oggi ci dice che c’è un mondo capovolto, rispetto a queste logiche, e questo mondo è il Regno di Dio …

Le Beatitudini funzionano con una grande “inclusione”: la prima beatitudine, quella dei poveri, si conclude con un presente: … perché di essi è il Regno dei cieli … e l’ottava, quella dei perseguitati, si conclude allo stesso modo. L’inclusione, con il suo tempo presente, ci dice chi sono quelli che possiedono già questo Regno. I futuri delle altre sei beatitudini:

-la consolazione,

-l’eredità della terra,

-la sazietà,

-la misericordia,

-la visione di Dio,

-l’essere figli di Dio,

sono solo specificazioni di questa motivazione principale, come scrive Alberto Mello nel suo commento all’Evangelo di Matteo. Insomma si è beati solo perché si è nel Regno, perché da esso si è posseduti, perché, cioè, si è dato un primato a Dio che regna davvero nella vita.

I santi sono questi uomini e donne che hanno dato accesso al Regno nelle loro esistenze e che, per il regnare di Dio in loro, a Dio si sono abbandonati. Il primato di Dio è, in primo luogo, un primato della sua azione: è Lui, cioè, che fa nostra santità, è Lui che ha le sole mani che sanno e possono plasmare ogni santo …

Chi vuole essere santo o si mette a mani vuote nelle mani del “vasaio” e si fa da Lui plasmare o non potrà mai essere “altro”, cioè “santo”… Il mondo infatti, se si rimane fuori da quelle mani, plasma l’uomo a modo suo, ne fa un suo servo, idolatra e perduto.

È chiaro che per consegnarsi a quelle mani è necessario avere il primo “volto” che le Beatitudini ci presentano: la povertà! Solo un povero può abbandonarsi, perché solo un povero non ha nulla di proprio in cui mettere fiducia! Si badi che la dizione di Matteo, poveri nello spirito (che si è trovata anche a Qumran come anawè ruach) non è assolutamente una “diminutio”, un addolcimento! È il contrario! Il povero nello spirito è colui il quale è davvero povero; povertà qui non è solo una dimensione sociologica ma è dimensione interiore, spirituale, profonda. L’espressione di Matteo non è affatto restrittiva. L’evangelista sa che non basta la povertà economica ma con quella (che comunque mette al riparo da ogni idolatria e da ogni fiducia riposta nell’avere!) sono necessarie umiltà, mitezza, sguardo puntato su Dio più che su di noi!

La santità è via possibile a tutti! Solo certe mistificazioni operate dalla mediocrità cristiana ed ecclesiastica hanno potuto pensare a vie di santità e a vie di cristiani comuni; quante volte abbiamo sentito parole “sagge” (!), piene di “buon senso” che, per distogliere da vie di radicalità evangelica, ripetono: “si può essere buoni cristiani anche solo ….” E così si sono spalancate strade larghe di mediocrità, di accomodamenti, di “mezze misure”!

I santi non sono uomini di “mezze misure”, e perciò sono uomini e donne di gioia! Ma di gioia profonda e duratura! Tanto che quella gioia, gustata nella storia, è diventata la loro eternità!

Oggi li contempliamo per essere trascinati, anche dalla loro preghiera e dalla loro fraternità, verso quella stessa gioia!

P. Fabrizio Cristarella Orestano